Curare il Parkinson con l’Intelligenza Artificiale, smartphone e sensori per monitorare i pazienti
Algoritmi di Intelligenza Artificiale per rilevare e monitorare i sintomi del Parkinson. È questa la nuova frontiera nella gestione della malattia degenerativa sperimentata dal gruppo di ricerca SMILIES del DAUIN, guidato dalla Prof. ssa Gariella Olmo.
L'attività di ricerca è implementata per il DAUIN, oltre che dalla Prof. ssa Gabriella Olmo, dal ricercatore Luigi Borzì, ed è svolta in collaborazione con la Città della Salute e della Scienza di Torino rappresentata dall'equipe di neurologia dell'Ospedale Molinette. Nel progetto sono coinvolti anche i ricercatori del Centro Interdipartimentale PolitoBIOMed Lab, coordinati dal Dott. Marco Ghislieri del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni-DET.
La sperimentazione è basata su Algoritmi di Intelligenza Artificiale appositamente “addestrati” per analizzare i segnali provenienti dai sensori presenti all’interno di dispositivi digitali minimamente invasivi e a basso costo come gli smartphone, e distinguere così, con rapidità e precisione, i parametri di interesse medico. Posizionati sul corpo, i normali smartphone dei pazienti – assistiti dagli algoritmi di IA – saranno in grado di rilevare e quantificare con precisione aspetti importanti della malattia, quali la velocità della camminata, la lunghezza del passo e, più in generale, l’equilibrio del paziente. Tra le tecnologie impiegate, anche sensori di movimento indossabili utilizzati per distinguere i momenti della giornata in cui il paziente, a casa propria, manifesta movimenti involontari. L'obiettivo è quello di offrire una migliore gestione della malattia, adattando le terapie alle problematiche specifiche di ciascun paziente, in modo personalizzato e nell’ottica della medicina di precisione. Una personalizzazione che punta a migliorare la qualità di vita non solo dei pazienti, ma anche dei loro caregiver, grazie ad un monitoraggio costante che permette interventi tempestivi e mirati.
“Nei lavori che svolgiamo in collaborazione con i medici, noi ci poniamo sempre nelle condizioni di recepire una loro esigenza: un quesito clinico non risolto, una necessità del paziente non ancora completamente soddisfatta, l’opportunità di intercettare precocemente variazioni delle condizioni cliniche o l’avvento di complicanze – commenta Gabriella Olmo – Gli strumenti tecnologici esistono, ma è necessario mantenere un dialogo costante ed essere ben calati nella complessa realtà del malato e del sistema ospedaliero per intervenire in modo davvero utile al paziente”.